Il Senato, a cui secondo Tito Livio il popolo romano aveva affidato il compito di eleggere il successore di Romolo, scelse Numa Pompilio. Leggiamo Ab urbe condita I, 18-21 (testo originale in latino e traduzione italiana Progetto Ovidio).
18 In quel periodo Numa Pompilio godeva di grande rispetto per il suo senso di giustizia e di religiosità. Viveva a Cures, in terra sabina, ed era esperto, più di qualsiasi suo contemporaneo, di tutti gli aspetti del diritto divino e di quello umano. […] Per tutti questi motivi sono incline a credere che Numa fosse spiritualmente portato alla virtù per una sua naturale disposizione e che la sua cultura non avesse niente a che vedere con insegnamenti di stranieri, ma dipendesse dall’austera e severa educazione degli antichi Sabini, il popolo moralmente più puro dell’antichità. Non appena i senatori romani sentirono il nome di Numa, si resero conto che, con un re proveniente dalla loro etnia, l’ago della bilancia politica si sarebbe spostato verso i Sabini. Ciò nonostante, visto che nessuno avrebbe osato preferire a quell’uomo se stesso, uno della propria fazione o qualche altro senatore o privato cittadino, decidono all’unanimità di affidare il regno a Numa Pompilio. Convocato a Roma, egli ordinò che, così come Romolo solo dopo aver tratto gli auspici aveva fondato la sua città e ne aveva assunto il governo, allo stesso modo, anche nel suo caso, venissero consultati gli dèi. Quindi, preceduto da un augure (cui, da quella circostanza in poi, questa funzione onorifica rimase permanentemente una delle sue attribuzioni ufficiali), Numa fu condotto sulla cittadella e fatto sedere su una pietra con lo sguardo rivolto a meridione. L’augure, a capo coperto e reggendo con la destra un bastone ricurvo e privo di nodi il cui nome era lituus, prese posto alla sua sinistra. Quindi, dopo aver abbracciato con uno sguardo la città e le campagne intorno, invocò gli dèi e divise la volta del cielo, da oriente a occidente, con una linea ideale, specificando che le regioni a destra erano quelle meridionali e quelle di sinistra le settentrionali. Poi fissò mentalmente, nella parte di fronte a sé, un punto di riferimento il più lontano a cui potesse giungere con lo sguardo. Quindi, fatto passare il lituus nella mano sinistra e piazzata la destra sulla testa di Numa, rivolse questa preghiera: “O Giove padre, se è volontà del cielo che Numa Pompilio, qui presente e del quale io sto toccando la testa, sia re di Roma, dacci qualche segno manifesto entro i limiti che io ho or ora tracciato.” Poi specificò gli auspici che voleva venissero inviati. E quando questi apparvero, Numa fu dichiarato re e poté scendere dalla collina augurale.