
Molti vedono nell’arrivo di migliaia di profughi in Europa una sorta di invasioni barbariche e alcuni Stati europei hanno eretto muri lungo i confini, come nel II secolo d.C. fecero gli imperatori romani Adriano e Antonino. A un altro imperatore romano, tuttavia, dovremmo guardare, a quel Caracalla che, per dare stabilità all’impero e aumentare le entrate fiscali in un momento di crisi finanziaria, estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero.
Nel 211 d.C. Lucio Settimio Bassiano, detto Caracalla per le vesti galliche che portava, succedette al padre Settimio Severo, diventando imperatore di Roma con il nome di Marco Aurelio Severo Antonino. Un anno dopo, nel 212 d.C., Caracalla, come noto, emanò la Costitutio Antoniniana, o editto di Caracalla, estendendo la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero. Si hanno poche fonti su questo documento e i giuristi, come ricorda qui Francesco Berr (Università del Molise), si stanno ancora interrogando sui «limiti oggettivi e soggettivi dell’allargamento della cittadinanza romana».
Il parallelismo fra l’Impero romano e l’Europa attuale potrebbe sembrare totalmente campato in aria, ma non lo è, se si pensa che molti dei paesi da cui provengono attualmente i profughi (Siria ed Eritrea in testa) sono stati nel recente passato colonie di Stati europei (la Siria della Francia, l’Eritrea dell’Italia). Concedendoci, dunque, uno slancio fantastorico, potremmo spingerci a sognare che dalle ceneri degli imperi coloniali sorga una nuova Unione europea, un non-impero europeo popolato di abitanti autoctoni e provenienti delle ex colonie, a cui concedere immediatamente, se richiesta, la cittadinanza.
I Romani avevano compreso che la cittadinanza non è una roccaforte da difendere né uno strumento di esclusione, ma un potente strumento di inclusione, come sostengono Amerini, Zanette, Tincati e Dell’Acqua nel manuale di storia e geografia Limes 2. Lo avevamo compreso già all’inizio del I secolo a.C., quando, in seguito alla sanguinosa guerra sociale (91-88 a.C.), estesero a tutti i socii (alleati) italici la cittadinanza romana. Quello fu addirittura il vero e proprio atto di nascita dell’Italia, così come la conosciamo ancora oggi (1).
Invece di chiudere le frontiere, l’Europa, che notoriamente non ha problemi demografici, visto che da anni la sua popolazione non cresce, potrebbe non solo accogliere i profughi ma estendere a tutti coloro che ne facessero richiesta il diritto di cittadinanza, con relativi diritti e doveri. Con questo strumento di inclusione, garantendosi giovani cittadini lavoratori in grado di pagare le tasse (sempre più scarsi nell’invecchiata Europa), attuerebbe una politica di inclusione nella comunità civile e politica, come quella di Caracalla, assicurandosi allo stesso tempo prosperità economica e stabilità sociale.
È una provocazione, certo, o, se volete, una lezione dal passato remoto al futuro presente.
(1) «La più antica rappresentazione dell’Italia – ci ricorda infatti Fiorenzo Catalli nel saggio La moneta come propaganda – è sicuramente quella che fu scelta dai socii italici sulla loro moneta. I socii si erano ribellati al potere centrale di Roma dopo aver tentato più volte di ottenere gli stessi privilegi dei Romani derivati dalla concessione della cittadinanza. Inascoltati, avevano dichiarato guerra a Roma nel 91 a.C. […] È opinione generale che i ribelli italici, per soddisfare le esigenze della guerra, si preoccuparono fin dal primo anno di guerra di battere moneta con lo scopo ideologico di affermare la sovranità del nuovo Stato italico. Uno di questi denari, databile all’89 a.C., mostra una testa femminile ornata da corona d’alloro ben identificata dalla legenda in caratteri latini, ITALIA, oppure in caratteri sannitici, Viteliu.»